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Su Netflix arriva la serie sui trionfi e le cadute di Wanna Marchi. “Facevamo anche 12, 15 miliardi al mese”

Le gioie e le cadute, il successo e la sconfitta. La vita di Wanna Marchi è stata un saliscendi di estremi fra i trionfi e le rovine. A settembre, su Netflix, uscirà una nuova docuserie, “Wanna”, che racconterà il Paese attraverso le televendite e la vicenda biografica di questa protagonista del piccolo schermo così aggressiva e sfidante. La serie, che uscirà il 21 settembre, parlerà e analizzerà tutte le varie fasi della vita di Wanna Marchi e di sua figlia, Stefania Nobile. Su Repubblica, oggi, la giornalista Silvia Fumarula ha anticipato alcuni estratti e virgolettati degli episodi. Per Stefania, figlia amata della venditrice del piccolo schermo, “io ero, sono e sarò sempre la figlia di Wanna Marchi, perché lei è un genio”. Quel genio, secondo sua figlia, negli anni ha stregato e appassionato molti telespettatori con le loro televendite. È la stessa Marchi a raccontarlo. “Facevamo anche 12, 15 miliardi al mese. Io sono Wanna Marchi e voi chi siete? Non vi conosco”.

Il piglio e il tono, nonostante le sconfitte degli ultimi tempi, non sono cambiati. La Marchi è sempre lei: aggressiva, fumantina, arrogante. Nella loro storia si sono alternati i successi e i grandi momenti di declino: la bancarotta e l’inchiesta di Striscia la Notizia che scoperchierà un giro di affari poco lecito che la giustizia ha poi controllato. Le quattro puntate tengono a spiegare proprio queste truffe clamorose, spiegando – grazie alla voce delle protagoniste – come fu creato quell’impero delle illusioni. 

Marchi si è inventata un genere: quello delle televendite. Con il suo fare affabulatorio vendeva di tutto: tappeti, pellicce, gioielli. Apre così un negozio a Ozzano dell’Emilia, ma il vero successo arriva con le tv private. Marchi e figlia stregano e offrono ai clienti tutto quello di cui hanno (o non hanno, in realtà) bisogno. “Arrivavano 2200 telefonate, tutti volevano comprare”, dicono nel docu. Poi arriva il crac, i processi, il carcere. 

Il regno degli anni Ottanta e di Wanna Marchi oramai non c’è più. Ma resiste l’illusione, come ha scritto Michele Serra, di affidarsi a stregoni e ciarlatani che, a dispetto dei medici, ci consigliano (e vendono) l’illusione di uno sciogli pancia. “Nacque allora, in fin dei conti, l’idea che una massaia estroversa potesse distribuire salute e benessere più di un dottorone multilaureato, e allo stesso modo, oggi, imbonitori di vario calibro possono raccontare qualunque panzana e vendere qualunque intruglio (alla tv si è aggiunto il grande moltiplicatore del web) nella certezza di raccogliere una affezionata clientela. Tanta longevità, per gli immortali anni Ottanta, non può essere casuale. 

Le sentenze e le rampogne che provano ad arginare questa interminabile, allegra deriva, anche quando abbiano le loro brave ragioni legali, sono destinate a essere travolte. Milioni di persone si lasciano abbindolare perché vogliono credere, con tutte le loro forze, che la dieta di Panzironi e la crema scioglipancia siano lumi lungo una strada buia. La scienza, la cultura, la medicina, volendo anche la legge, agli occhi di buona parte del pubblico pagante, sono solo tristi convenzioni del passato”. 

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Di: La Redazione

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