A Barletta una Cittadella della Musica Concentrazionaria. L’impegno di Lotoro
Da più di trent’anni un pianista e compositore pugliese ricerca, cataloga e studia tutta la musica prodotta nei luoghi del male, delle prigionie, delle deportazioni. Riporta in vita, dunque, la musica nata in cattività. L’impegno di Francesco Lotoro, nato a Barletta e professore di pianoforte presso il Conservatorio di Musica “Niccolò Piccinni” di Bari, è legato a un’impresa epocale: la costruzione di un archivio della musica sopravvissuta alla deportazione e ai campi di prigionia.
Musica non di un solo campo, ma di tutti i luoghi infestati dal male prodotto dai totalitarismi del Novecento. La ricerca, che si concentra fra il 1933 e il 1953, è raccontata in un libro appena pubblicato da Feltrinelli: “Un canto salverà il mondo: la musica sopravvissuta alla deportazione”. Loroto racconta la musica riscoperta e ritrovata: dai lager nazisti ai gulag staliniani. Il lavoro, oramai trentennale e riconosciuto a livello internazionale e mondiale, conta un archivio ricchissimo con ottomila opere di musica concentrazionaria, diecimila documenti di produzione musicale nei Campi e ben tremila pubblicazioni universitarie.
Questo materiale, grazie al Comune e alla Regione Puglia, entro il 2025 andrà a costituire nell’ex distilleria di Barletta la Cittadella della Musica Concentrazionaria che impegnerà studiosi, ricercatori, musicisti, tecnici, cori e orchestre. “Sui residui pietrosi e ferrosi della ex Distilleria di Barletta – racconta Lotoro nel libro – nascerà la Cittadella della Musica Concentrazionaria; oceani di musiche, pensieri, storie e sofferenze di interi popoli. Siamo in attesa che l’intero progetto divenga cemento, marmo, ferro, scale, scaffali, aule, palcoscenico, porte e cancelli che saranno aperti a tutti coloro che ameranno questo hub mondiale della musica più drammaticamente geniale del Novecento”.
L’obiettivo di Lotoro è quello di liberare, finalmente, questa musica intrappolata nei luoghi del male e, per troppo tempo, dimenticata. Una musica che, scrive lo studioso pugliese, “aveva poteri taumaturgici, rovesciava letteralmente le coordinate umanitarie dei siti di prigionia e deportazione, polverizzava le ideologie alla base della creazione di Lager e Gulag. Forse non salvava la vita, ma sicuramente questa musica salverà noi”.
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Di: La Redazione